Poesie di Luciano Somma
Prefazione di "MOMENTI DIVERSI"
PERDONATECI

Perdonateci
questa dannata voglia
di vivere in un mondo
a forma di colomba
e non tra fiori finti
perdonateci
se rifiutiamo limiti e frontiere
e trasformiamo
fili spinati in palpiti d'amore
non ci è concesso forse d'impazzire?
Che razza strana
siamo noi poeti
specie che spesso va
controcorrente
volando verso cieli tersi
liberi
perdonateci
per questo nostro osare.



SIGNORE SCANSACI

Il ventre della terra
ha fuochi accesi
che bruciano le ali d'un gabbiano
nell'indifferenza quotidiana
dei silenzi
nasce il desiderio
di cambiare il mondo
coi sognanti programmi
d'infinito
Signore scansaci
dai falsi miti
dai colossi d'argilla
dai presagi barattati
degli alberi
di mele marce
dai Giuda e dai Pilato
dall'odio delle razze
Signore scansaci
da chi ci chiama fratello
nella sala d'attesa del patibolo
per consegnarci al boia
senza uno scrupolo
è meglio che restiamo figli unici
incatenati nella solitudine
nutrendo nel profondo delle anime
l'immenso seme dell'umano credere
Signore scansaci
da quest'incendio
di parole al vento.



TI SEMBRO'

Sembrò l'immenso
quella farfalla
che toccò il tuo fiore
allo sbocciar dell'alba
ne vedesti il colore
rosso vivo
pietra di lava
d'un vulcano acceso
ne godesti
i lapilli d'un amore
che sembrava
promessa d'infinito.
E ti sembrò l'azzurro
senza limite umano
sempre eterno
non ci fu il tempo
di pensare al volo
della farfalla
verso un altro fiore
e quando avvenne
non furono rugiada
le tue lacrime
ma la spina pungente
d'un dolore
che ti sembrò
un macigno insopportabile
che oggi si scioglie
con il primo sole.



POTEVAMO

Potevamo essere
io e te
due voci nel silenzio
un volo di gabbiani
ali nel vento
l'urlo dell'alba
il sorriso caldissimo
del sole
sotto le coperte
ci saremmo scambiati
il desiderio
dei nostri corpi stanchi
ma il gelo dell'inverno
le sue notti
ci hanno divisi
ed oggi siamo di ghiaccio.



ADESSO
Ora che il vento
ha spento il fuoco
che circolava
ardendo nelle vene
e il tempo
lascia il suo segno
nella nostra carne
e nello specchio
sui nostri volti già
le prime rughe
trovami oggi
le parole giuste
dall'enciclopedia
della tua mente
per colmare i lunghissimi
silenzi
dei nostri inverni
sotto le lenzuola
mentre il camino brucia
fino all'ultima pagina
il nostro vecchio libro
di memorie.



VAGHEGGIANDO NUOVE ALBE D'AMORE

Dai sotterranei della mia memoria
emergono dal mare dei ricordi
oceani di pensieri vagabondi
che cercano un approdo d'infinito
emerge il primo bacio a labbra chiuse
coi primi passi incerti e mille strade
boschi d'abeti favole d'estate
le neonate speranze ormai deluse
eppure nonostante tutto io credo
ed urlo tra bufere vento e neve
questa mia rabbia in ultimo virile
desiderio d'un sogno realizzato
se resta ancora un poco di salute
nasce la forza di ricominciare
inediti programmi di futuro
itinerari immensi da scoprire
a volte mi sorprendo a immaginare
l'incendio dei miei palpiti le ore
le voci del silenzio ad ascoltare
per vagheggiare nuove albe d'amore.



BASTERA' QUESTO AMORE

Ma basta veramente
un cielo chiaro
e il sole oppure un fiore
o il mare
a dare a questa vita
nostra vita
tra mille pianti
gocce di sereno
e basterà l'amore
questo amore
a dare un senso nuovo
del domani
per approdare
uniti all'altra riva
avvolta dal mistero
oggi non è così
se la tempesta
dei sentimenti
inchioda le promesse
mettendo in croce
l'ultima speranza
per qualche brivido di luce
che resta.



MEMORIE

Pensieri vagabondi
spaziano
in lontane memorie
per fermarsi
ad una notte
di San Lorenzo
quando per te
rubavo le stelle
regalandoti
collane di luci
oggi
rosari freddi
di tristezza.



ASSENZA

La tua presenza
colmava il vuoto
della mia oziosa solitudine
spesso mi contrariava
il tuo lungo abbaiare
che mi manca
mostravi tutta la tua gratitudine
stendendoti ai miei piedi
mi contemplavi
percependo a volte le mie azioni
ci capivamo
nell'incrociarsi dei nostri sguardi
e ci ritrovavamo
nel nostro mondo
pieno d'abitudini
forse
non ero solamente il tuo padrone
ma il vero amore
oggi non ci sei più
la tua specie meticcia
si è dissolta
uguale agli altri
nella terra nuda
per me
sei una ferita aperta
nel ricordo
dentro al mio vuoto
nel ripiombato abisso
d'un'altra e più profonda
solitudine.



IL SUO SILENZIO

Quasi al tramonto
lasciavo i campi
con le spalle curve
e un senso indefinibile
di rabbia
per il magro raccolto ereditato
da una lunga fatica
e lei in attesa
ricca di pazienza
sull'uscio della casa intonacata
rafforzava radici
di una speranza
quasi affievolita.
E su quell'uscio oggi
guardo il vuoto
nei miei giorni che passano
lenti
ed urla nel ricordo
il suo silenzio.



COME RADICI

Ricordo
quegli amplessi contadini
consumati nel pagliaio
la scoperta del contatto
profumava di fieno
e l'aria intorno
aveva il gusto della gioia
la zappa eretta
passiva complice
attendeva le mani
per sprofondare nella nuda terra
i miei giorni
rosari di fatica
sgranellati
troppo lunghi e monotoni
io non li paragono
a questo mio vissuto quotidiano
tra carte e libri
o i raffinati amplessi
coi pigiama di seta
e le lenzuola fresche di bucato
oggi tutto è diverso
la mia memoria
è ferma a quei momenti
solida
come la mia radice
ad una quercia.



NEI CAMPI

L'urlo del vento
violenta
la pace dei campi
l'umiltà contadina
è derisa
da beffe di pioggia
su pannocchie spezzate
negli artigli del tempo
soltanto
speranze ingabbiate
la ruota del mulino
si è fermata
in un gioco di luci
che illumina
lo stupore del silenzio.



ORA

Dove sono finite
le mie certezze
oggi
ferite sanguinanti del mio ieri
vissuto nell'infanzia
in quel giardino
dove ogni fiore
aveva sempre un nome femminile
mentre l'albero maschio
la pretesa
di vivere la sua virilità
incurante del vento di libeccio
che con la sua salsedine piegava
di giorno in giorno i rami
indebolendo le radici e il tronco.
Ora che il dubbio
è il pane quotidiano del pensiero
che nutre l'ansia
e accresce la paura
ora che affondo
in grumi di memoria
i desideri volti all'imbrunire
ora che è sera
non ci saranno palchi in prima fila
per vedere le stelle.
Quell'albero in giardino
è diventato un blocco di cemento.



BARBONI

Te li ritrovi all'angolo
laceri e macilenti
ombre negli occhi stanchi
su facce senza età,
le mani tremolanti
tese verso i passanti
cercano carità,
fermati se lo vuoi
forse così potresti
leggere nel passato
vite vissute ai margini
di questa società.
Ancora li ritrovi alla stazione
tra i binari dei treni
o nelle sale d'attesa
seduti sotto la biglietteria
ad aspettar probabili monete
date da viaggiatori frettolosi
che osservano nervosi e preoccupati
tutti gli orari della ferrovia...
Loro non hanno fretta
e li ritrovi
a scartocciare pasti sempre più asciutti
tra una bottiglia e l'altra
la cicca tra le labbra screpolate
nell'incomunicabile silenzio...
se resti indifferente,
fingendo d'ignorarli,
guardati per un attimo allo specchio
e ti ritrovi.



BRONX

È una nota stanata
il palpito d'un poeta
in questo Bronx
non può sintonizzarsi
nell'etere
dove i suoni
hanno ritmi di rabbia
tra uragani criminali
su tangenziali di camorra
la voce del mare è lontana
anni luce
come distante, fin troppo,
il volo d'un gabbiano
non parlate mai d'amore
in questo Bronx
tra orge di sensi in delirio
sareste derisi
qui Cristo è il Giuda del momento
Dio un padre snaturato
la Madonna un quadro oleografico
come punto di riferimento
da invocare nel momento del bisogno
in questa giungla
dove l'urlo di Tartan
diventa legge
l'uomo
è solo un nome da dimenticare.



NAPOLI

Abbandonata nel tuo lebbrosario,
inchiodata alla croce
d'un lungo calvario,
larva d'un fasto lezioso
avvolta da un tenue sudario,
reietta città.
Con i tuoi occhi di tenebra
eppure respiri
il tuo cuore aritmico
pulsa
mentre intorno le case di latta,
scenario di beffa,
testimoniano, ossario di storia,
l'ignavia di tanti.
Eppure sospiri
e soffri, e non sei masochista,
ed ancora tu canti,
lavori e rattoppi
gli stracci, impregnati di pianto,
di teneri idilli
tessuti tra notti di attese
d'un'alba diversa.



ECHI NEL TEMPO

Sepolte le lupare tra i canneti
nella terra di fichi d'india e zàgare
anche gli agrumi piangono
lacrime di tritolo
tra sguardi freddi rassegnati e stanchi
e bocche mute nonostante tutto
amara è l'isola
sotto il sole beffardo e un cielo terso
il Cristo Siciliano
è stato crocifisso col suo credo
e la speranza naviga in un mare
da forza sette tempestoso ed infido.
Risorgere? Ma dove come quando
la nave è ferma là nel continente
evocando fantasmi di promesse
echi nel tempo senza più memoria



MIRKO

Mirko ha solo tre anni ma non ha
diritto di giocare a Sarajevo
il suo dovere è quello di soffrire
le pene d'un inferno prematuro
e l'acqua santa non potrà bastare
a spegnere l'incendio del dolore.
Mirko non ha più l'angelo custode
che lo protegge - non conosce Dio -
pur portando la croce d'un calvario
che fa spezzar le spalle d'un bambino.
Oggi ha incrociato gli occhi della morte
sul corpicino ne ha sentito il fiato
ha lasciato l'inferno per il limbo
su quei tre anni il tempo si è fermato.



DATEMI

Datemi l'aria vergine
dove non c'è rintocco di campana
che suona ad ogni attimo
rabbiosamente musica di morte
voglio il respiro
della dimenticata primavera
con la sua aurora e il canto d'usignolo
coi prati che profumano di viole
il mio non è un pensiero ergastolano
se cerca di volare ancora libero
stagliato in alto verso un cielo limpido
nella speranza dell'umano credere
datemi una certezza nelle lacrime
d'un bimbo slavo mutilato ed orfano.



WATERLOO

Scampato per miracolo
ad un fuoco incrociato
di cecchini
dall'inferno d'un odio
fratricida
un passero impazzito
ha trovato rifugio
in una chiesa
ormai semidistrutta
chissà se ha visto Dio
se l'ha sfiorato
l'attimo prima
di spiccare il volo
con le sue ali
ancora insanguinate
nel beccuccio
le schegge d'una mina
rubata
in quest'assurda
Waterloo.



ROUTINE

Da una vita
mi porto addosso
un nome
dentro
le mie ansie
una poesia mai scritta
fuori
tutto il resto
è soltanto
routine.



PER IL TUO DOMANI

Nessun libro di storia
potrà mai darti, figlio,
l'esatta dimensione
del dramma esistenziale
d'un'infanzia rubata
all'innocenza
del mio girovagare
col nonno tra i cipressi
e gli occhi sui volti delle madri
sembravano di ghiaccio.
Tutti i dubbi e le ansie
e le speranze
bruciavano nel fuoco di un braciere
ed i carboni ardenti
sembravano ferite
nella memoria oggi ancora accese
non chiedermi il perché
di quei momenti
io non saprei risponderti
e non cercare nel mio sguardo
un cenno di quel tempo
scandito con le raffiche di mitra
ora tutto è diverso
e la tua infanzia
è un'alba nuova
per il tuo domani.



FORSE FU UN BENE

Forse fu un bene padre
fermare la tua storia
col mandorlo fiorito
chiudere gli occhi
senza aspettare
il gelo dell'inverno
lasciando nei tuoi figli
l'eredità di vivere.
Avevi già provato a masticare
come un boccone il pane reso duro
dalle battaglie quotidiane
stanco.
La sofferenza del tuo immenso vuoto
noi la sentiamo come un fuoco vivo
perché è diverso il sangue
quando sta uscendo dalle tue ferite
ha un altro suono l'urlo
quando è parte di te della tua carne.
Per te fu cielo terso
ed al tuo sguardo
ti sembrò un miracolo
il non dover portare sul calvario
la croce di un'amara solitudine.
Forse fu un bene padre.



SI RESTA QUI

Si resta qui
a guardare gli uragani
una ruota girare all'incontrario
i treni fermi oziare sui binari
seduti su una comoda poltrona
si resta qui
tra oggetti inanimati indifferenti
disassociati ormai dal divenire
d'un altro giorno che sarà diverso
solo per chi lo vive in prima linea
si resta qui
nel guscio d'una squallida conchiglia
fieri d'un egoismo ch'è sovrano
che regna dentro al corpo e nella mente
che forse non ha più nulla di umano
si resta qui
a contare il trascorrere dell'ora
volta sicuramente all'imbrunire
in lenta attesa d'una lunga notte
si resta qui e restando è un po' morire.



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